Esiste un conflitto tra l’incarnazione divina della Sophia eterna e il deformante specchio che da essa si espande a ritroso nell’umana sfera del “ritrovato” e nella modellata femminilità dell’intaglio sull’osso di modeste dimensioni, della Venere di Parabita risalente a circa 16 mila anni or sono.

Scoperta e ricerca questa tra l’umano ed il divino che racchiude in sé i quattro elementi che da sempre convivono con il nostro essere Acqua · Aria · Fuoco · Terra.
 Non è alchimia questa riscoperta ma intima alleanza tra anima e realtà nell’Obiectivum fotografico o lanterna magica, citando il grande regista svedese Ingmar Bergman nella sua imponente biografia del 1987, che Ornella Cucci  intende mediare ma sfidare pure, direi, quelle archetipiche presenze che si affastellano nella nascita dell’universo e nel siderale spazio che, dall’osso scheggiato proveniente da chissà quali fonti ci riconducono alla “Carne della Vita” ed al paradosso di una smisurata congiunzione astrale come “Status ante Lapsus” lo stato anteriore alla caduta ed alla scissione. 
Ma tutto questo processo forse precluderebbe alla salvezza: argine storico-liberatorio di ogni identità religiosa attraverso l’antitesi tra Dio e il Diavolo inflitta dal trascorrere del tempo nei silenti abbandoni abissali.

Ercole Pignatelli