Perchè, volendo descrivere la donna come protagonista della storia, mi è piaciuto partire dalla raffigurazione preistorica della donna-madre come Arké. Nelle mie ricerche, quasi casualmente, mi sono imbattuta nelle piccole veneri di Parabita. E’ allora che ho sentito forte un richiamo verso queste due statuette che, fiere della loro maternità, sembravano chiedere a me, lontanissima loro discendente, la giusta menzione nel ruolo cosmico del perpetuarsi della vita, nella vita.

Le veneri di Parabita sono due statuette risalenti ad epoca preistorica (14.000 anni addietro) scolpite su un osso di cavallo: loro peculiarità è la posizione delle braccia che sostengono il ventre gravido, particolare condiviso con analoghi esemplari rinvenuti a Kostienki, in Russia e in altre 32 località sparse per tutta l’Europa. Le statuette sono state rinvenute nel 1965 dal Prof. Giuseppe Piscopo, in località Monaci a Parabita.

Arké, la donna-arké ho voluto inserire nei diversi elementi primordiali della filosofia naturalistica dandole un ruolo predominante: si impone sull’acqua dove “pura e attonita nasce tra magiche spume”, si libra leggera nell’aere mescolandosi in una spiritualità onirica ed eterea propria della femminilità, si slancia poi nel perpetuo divenire del rinnovato ardore di mutevoli sentimenti concludendo il suo viaggio nel grembo di Gea, la madre terra, anche quella donna-arké. Con questo mio lavoro ho inteso dare rilievo all’amore attribuendo alla donna un ruolo di generatrice di vita e di bellezza spirituale che assicurano ad un mondo divorato da odi ancestrali, una nuova e più coraggiosa affermazione.

Ornella Cucci